Un anno per una TAC. Mesi per una visita specialistica. In molte aree del Paese il diritto alla salute resta sulla carta, ma fatica a diventare reale.
Attese incompatibili con i bisogni di cura
Prenotare un esame diagnostico può trasformarsi in un percorso a ostacoli. In diverse regioni, i tempi superano ampiamente quelli clinicamente sostenibili con un intervallo che rischia di compromettere diagnosi precoci e terapie tempestive.
Personale insufficiente e servizi sotto pressione
Alla base del problema c’è una carenza strutturale di personale sanitario. Medici, tecnici e infermieri non bastano a coprire il fabbisogno reale. I carichi di lavoro aumentano, mentre reparti e ambulatori riducono l’offerta. Il sistema regge con difficoltà, spesso grazie a soluzioni tampone.
Disparità territoriali sempre più evidenti
L’accesso alle cure non è uguale ovunque. Tra Nord e Sud, ma anche tra aree urbane e periferiche, le differenze sono marcate. Chi può permetterselo ricorre al privato. Chi non può, resta in lista d’attesa, rinviando controlli e accertamenti essenziali.
Il rischio di una sanità a doppia velocità
La conseguenza è una sanità che divide invece di unire. Il principio di universalità viene messo alla prova ogni giorno. Il diritto alla salute non dovrebbe dipendere dal reddito o dal luogo di residenza.
Eppure, per molti cittadini, questa è ormai una realtà concreta.
Una questione che chiede risposte strutturali
Servono investimenti mirati, programmazione e assunzioni stabili. Le soluzioni emergenziali non bastano più. Ridurre le liste d’attesa significa tutelare la dignità delle persone. E riaffermare un diritto fondamentale garantito dalla Costituzione.
(Foto ANSA)