Maestro Tabárez, calcio semplice, difesa a zona, centrocampo a rombo e due attaccanti che fanno gol, la semplicità dei migliori

Óscar  Tabárez

Maestro Tabárez, calcio semplice, difesa a zona, centrocampo a rombo e due attaccanti che fanno gol, la semplicità dei migliori.

Di Fiore Marro

Caserta 2 luglio 2018

Il mondiale di Russia 2018 beneficia già di un vincitore. Óscar Washington Tabárez Silva da Montevideo, classe 1947, attuale commissario tecnico della Nazionale uruguaiana. Il selezionatore della Celeste, che in patria è soprannominato El Maestro, anche in riferimento alla sua passata carriera di insegnante, ha ricevuto, il 2 gennaio 2011, il premio di Commissario tecnico dell’anno IFFHS con 200 punti. Dietro di lui Vicente del Bosque con 186 punti e Joachim Löw con 169 punti. Il 25 marzo 2016 Tabárez supera Francisco Maturana, diventando il commissario tecnico con più panchine nelle qualificazioni della zona CONMEBOL al campionato del mondo, 47, tutte con una sola nazionale. Basterebbe già solo questo per togliersi il cappello dinnanzi a questa epica, stupenda figura sportiva in un mondo che perde sempre più valori, sostituendoli con il portafogli, oramai unico dio del calcio. El Maestro il suo personale campionato del mondo, lo ha già vinto. Un uomo che conferma una determinazione esemplare, quella famosa “garra”, come la chiamano gli uruguagi. Il Direttore Tecnico che soffre di una neuropatia cronica che attacca il sistema motorio, ma non di sindrome di Guillain-Barré come si vocifera erroneamente; tuttavia, persiste la sua intenzione di continuare l’incarico malgrado la sindrome ,e è ancora, imperterrito, sulla panchina a dettare consigli e disposizioni tattiche sublimi e semplicissime, come la disposizione in campo dei suoi ragazzi, calcio semplice, difesa a zona , centrocampo a rombo e due attaccanti che hanno la grande peculiarità di fare spesso gol, densità a tutto campo, per sopperire la mancanza di un alto tasso tecnico, lo schema della semplicità dei migliori. Il Mister ogni tanto si alza dalla panchina grazie al supporto di una stampella, tutti abbiamo notato la sua fatica per potersi muovere, ma è quel gesto che suona come una carica per i suoi giocatori, che li trasforma in gladiatori, con il suo sguardo fiero, e le disposizioni giuste, quel soffrire e gioire che divide con loro, quella sua energia positiva, la sua forza di volontà che ha trasformato una squadra normalissima almeno per i suoi 9/11° in un gruppo di leoni indomiti. Il calcio può ancora salvarsi e vivere di sogni ancora possibili. In Uruguay egli è un esempio, un modello, la sua afflizione e la sua costanza palesano le radici profonde di una nazione che, non solo nel calcio, non molla mai, lotta sino alla fine. E noi siamo qui a rendere omaggio a questo Maestro, nella fatica del suo sorriso troviamo la meraviglia del vivere, del non rassegnarsi e del resistere: Tabárez, per questo, ha già vinto la partita più difficile. Il resto è nei misteri di un pallone che spinge, diverte, prende una traversa o spiazza il portiere. Tabárez esprime a meraviglia il grande “Hombre vertical”, necessario come esempio per gli altri, per credere ancora, per non mollare, per diventare uomini migliori. Il mondiale russo ha dato la luce a tante stelle nuove del calcio, uno su tutti: Kylian Mbappé, il diciannovenne attaccante del PSG di origini camerunesi e algerine, un ragazzo dal gol facile, un fenomeno autentico. Ma ha finora dato anche risposte inaspettate, fuori di due calciatori in assoluto più pagati, premiati, esaltati, forse più del dovuto, come Messi e CR7. Messi, abulico, anonimo come non mai, torna a casa, senza aver mai vinto niente con l’Argentina, con quel peso insopportabile di un paragone inesistente con il Peluse. Uguale sorte per il suo alter ego: Cristiano Ronaldo, che dopo uno scoppiettante esordio contro la Spagna, sciorinando reti diverse tra loro e completando la galleria dei gol con il Marocco, segnando quindi con un tiro da fuori area, su rigore, su punizione e di testa, ha illuso un poco tutti noi, suoi tifosi, che questo mondiale fosse la sua definitiva consacrazione, ma la risposta di questi due troppo premiati palloni d’oro, è stata quella che in molti sapevamo, senza il Barça e il Real Madrid questi due atleti diventano buoni calciatori ma nulla più, campioni che, in Russia, si sono smarriti, soprattutto Messi, apparso sempre fuori luogo, entrambi non saranno mai Diego Armando Maradona, che nel 1986 in Messico, fece vincere gli altri e che in Italia nel 1990 con una squadra ancora più scarsa non riuscì a vincere, causa arbitro e ambiente ostile, ma che dimostrò qualora ce ne fosse stato bisogno, cosa significasse sapere come vincere da soli. Per non dire della Germania, uscita con la coda tra le gambe, da questo mondiale, addirittura nel girone di qualificazione, disarcionata dalla, udite, udite, Svezia! Siamo in attesa di vedere cosa farà il Brasile di un insopportabile, finora, Neymar. Gli scenari cambiano e assieme alla “garra” degli uruguaiani ci metto la classe cristallina del Belgio e la grande forza tecnica della Croazia, aspettando cosa hanno da dire ancora Inghilterra e Russia.