OPS tra ombre e promesse: lo scontro Mediobanca–MPS si gioca sul destino dei risparmiatori

MPS lancia un’offerta senza piano industriale, Mediobanca risponde con ipotesi di crescita. Ma a restare senza tutele rischiano di essere solo gli azionisti comuni, non i manager.

Monte dei Paschi di Siena ha lanciato un’Offerta Pubblica di Scambio (OPS) su Mediobanca, senza preavviso né accordo con il consiglio d’amministrazione della banca milanese.
L’operazione, dal valore stimato tra i 14 e i 15 miliardi di euro, propone un concambio fisso: 2,533 azioni MPS per ogni azione Mediobanca. Ma è proprio sul valore e sul contenuto strategico che l’offerta inciampa. Nessun piano industriale, nessuna indicazione sugli investimenti futuri, nessuna visione dichiarata oltre la crescita dimensionale.
La mossa appare più come un’azione opportunistica che una strategia organica. E la reazione del board di Mediobanca è stata immediata: l’offerta è stata definita “ostile”, “priva di razionale industriale” e “sottovalutata del 32%”.

La replica fragile di Mediobanca

Dal canto suo, Mediobanca ha lanciato una contro-narrazione basata sulla promessa di valore.
Il CdA ha invitato gli azionisti a non aderire, sottolineando una sottovalutazione significativa e rilanciando con un piano triennale che prevede dividendi e riacquisti di azioni proprie (buyback) fino a 5 miliardi di euro.
Secondo i calcoli interni, ciò genererebbe un rendimento del 30% per gli azionisti. Ma la promessa resta, al momento, una proiezione.
Le ipotesi di crescita sono fondate su previsioni e obiettivi dichiarati, non su risultati già consolidati o su accordi in corso, come dimostra il tentativo ancora incompiuto di acquisire Banca Generali.
Mediobanca ha le idee, ma – per ora – mancano i mezzi concreti.

In mezzo, i piccoli azionisti

Nel duello tra una banca che propone uno scambio senza dire dove porterà e un’altra che promette dividendi senza una base certa, chi resta in mezzo sono i piccoli azionisti.
Sono loro – risparmiatori, famiglie, piccoli investitori – ad affrontare il vero rischio: aderire all’offerta e ricevere azioni MPS senza alcuna garanzia industriale, oppure rimanere con Mediobanca nella speranza che le promesse si realizzino.
I grandi manager, invece, da una parte e dall’altra, resteranno comunque al centro del gioco, tra buonuscite garantite e posizioni di forza nei nuovi assetti societari.

Se Enrico Cuccia fosse ancora vivo e camminasse in via Filodrammatici, forse non parlerebbe. Ma di certo capirebbe tutto.

La BCE vigila, la politica spinge

La Banca Centrale Europea ha dato il via libera all’operazione, ma ha imposto una serie di condizioni. Se MPS non raggiungerà almeno il 50% del capitale di Mediobanca, scatteranno limiti patrimoniali e operativi, a tutela della stabilità del sistema.
La BCE, però, non ha ostacolato l’iniziativa. Forse per non interferire con il Tesoro italiano, che controlla ancora oltre il 60% di MPS.

I fondi pensione
Nel frattempo, il clima si è surriscaldato sul fronte dei fondi pensione privati. Enpam, Enasarco, Cassa Forense e altri enti –che detengono partecipazioni rilevanti in Mediobanca– sarebbero stati oggetto di pressioni politiche per sostenere l’OPS di MPS.

Il tema è delicato. Perché se gli enti previdenziali, nati per garantire la sicurezza economica di professionisti e lavoratori autonomi, diventano leve tattiche per operazioni finanziarie su larga scala, allora il confine tra interesse fiduciario e strumentalizzazione politica si assottiglia pericolosamente.
L’investimento previdenziale non dovrebbe mai essere usato come arma di manovra in uno scontro tra poteri bancari.

La vera posta in gioco

A ben vedere, né MPS né Mediobanca stanno offrendo una visione chiara e immediatamente verificabile del futuro.
Il primo punta sull’inerzia dell’offerta, il secondo sulla retorica del valore promesso.
In tutto questo, i risparmiatori osservano. Alcuni capiranno, altri no. Ma nessuno, finora, ha spiegato loro fino in fondo quali siano i rischi reali di un’operazione dove la politica fa da regista e i manager da attori protagonisti, mentre il pubblico, come troppo spesso accade, paga il biglietto senza sapere se il finale sarà tragico o farsesco.