DI REDAZIONE G.D.Z.
Carditello – presentazione del libro sulla vita di M. Serao, la giornalista, la sua vita tribolata a 360° con gli amori spesso tormentati la sua attività contro il duce Mussolini e l’ostilità ricevuta proprio da quest’ultimo. Fondatrice di alcuni giornali con l’ex marito che si rivelò una persona infedele.
La sua vita durante la prima adolescenza fu spensierata e serena. Seguì la famiglia a Napoli verso gli inizi del 1861 dove il padre cominciò a lavorare come giornalista a Il Pungolo. Ella visse così fin da piccola l’ambiente della redazione di un giornale; nonostante questa influenza, e malgrado gli sforzi della madre, all’età di otto anni non aveva ancora imparato né a leggere né a scrivere. Imparò più tardi, in seguito alle vicissitudini economiche e alla grave malattia della donna.
Quindicenne, priva di titolo di studio, si presentò in qualità di semplice uditrice alla Scuola Normale “”, in piazza del Gesù a Napoli. L’anno dopo, all’età di sedici anni, abiurò la confessione per il cattolicesimo. In poco tempo riuscì a ottenere il diploma di maestra. Per aiutare il magro bilancio della famiglia cercò un lavoro stabile, vincendo un concorso come ausiliaria ai telegrafi di Stato; l’impiego la occupò per quattro anni. Nonostante buona parte della giornata fosse assorbita dal lavoro, la vocazione letteraria non tardò a divenire prepotente.
Cominciò dapprima con brevi articoli nelle appendici del Giornale di Napoli, poi passò ai bozzetti e alle novelle firmate con lo pseudonimo “Tuffolina”. A 22 anni (1878) completò la sua prima novella, Opale che inviò al Corriere del Mattino.
A 26 anni lasciò Napoli per andare alla “conquista di Roma”. Nella capitale collaborò per cinque anni con il Capitan Fracassa. Sotto lo pseudonimo «Ciquita» scrisse di tutto, dalla cronaca rosa alla critica letteraria. Inoltre si ritagliò uno spazio nei salotti mondani della capitale. Però la sua fisicità, la mimica e i modi spesso troppo spontanei per l’ambiente salottiero, la risata grossa, non la favorirono. Durante quelle riunioni, la sua fama di donna indipendente suscitò più curiosità che ammirazione.
| « Quelle damine eleganti non sanno che io le conosco da cima a fondo – scrisse la giovane Matilde – che le metterò nelle mie opere; esse non hanno coscienza del mio valore, della mia potenza… » |
I momenti felici del soggiorno romano furono probabilmente le serate che passò accompagnata dal padre, nella redazione del Fracassa.
In occasione dell’uscita del libro che la rese famosa, Fantasia dell’anno 1883, il commento del critico E. Scarfoglio non fu favorevole. Sul giornale letterario Il libro di Don Chisciotte Scarfoglio, infatti, scrisse: «… si può dire che essa sia come una materia inorganica, come una minestra fatta di tutti gli avanzi di un banchetto copioso, nella quale certi pigmenti troppo forti tentano invano di saporire la scipitaggine dell’insieme». Quanto al linguaggio adoperato nel libro, aggiunse: «… vi si dissolve sotto le mani per l’inesattezza, per l’inopportunità, per la miscela dei vocaboli dialettali italiani e francesi».
Più tardi la stessa Matilde riconobbe le ragioni di questo suo “non scrivere bene” nei suoi studi cattivi e incompleti e nell’ambiente; ma ci tenne a precisare: «Vi confesso che se per un caso imparassi a farlo, non lo farei. Io credo, con la vivacità di quel linguaggio incerto e di quello stile rotto, d’infondere nelle opere mie il calore, e il calore non solo vivifica i corpi ma li preserva da ogni corruzione del tempo.