Quello che segue è il primo di due articoli che contengono riflessioni sullo stato dell’arte in UE e il ruolo che ci si sta ritagliando in questa serie di crisi in corso ad effetto domino, l’ultima delle quali è quella relativa alla Russia e la Nato a seguito dello sconfinamento di droni russi in territorio polacco.
Sono trascorsi otto mesi dall’insediamento di Trump alla Casa Bianca e già il quadro delle relazioni internazionali è cambiato totalmente rispetto anche solo a dieci mesi fa. Tra la nuova politica commerciale e la sua esuberanza, a voler usare un eufemismo, sulla scena diplomatica internazionale Trump ha dato il via ad un effetto domino imponente. E di questo anche il lettore più distratto se ne è accorto.
Ciò che si è reso ancora più evidente rispetto al passato è la fragilità dell’UE: talune volte divisa su determinate tematiche e decisioni e tal altre troppo appiattita alle posizioni USA.
È divisa ad esempio su quale posizione assumere rispetto al conflitto in Medioriente: per la Spagna si può parlare di genocidio (cfr. Sanchez maggio 2025) e si è già provveduto a riconoscere lo stato della Palestina, per l’Italia ed altri membri UE non è né genocidio e neppure si intende riconoscere lo stato della Palestina.
Per qualche altro Stato invece il riconoscimento della Palestina arriverà forse a settembre anche se era stato annunciato a fine luglio: nel frattempo però ci sono le vacanze estive che sono più urgenti!
Sulla questione genocidio ci ritorneremo in un altro articolo.
Più codardi invece si sono dimostrati i leader europei di fronte a Trump e le sue folli politiche commerciali: ci si è subito premurati di presentarsi da lui col cappello in mano ed esibirsi nel bacio della pantofola incassando e considerando buono un accordo sui dazi del 15%. Cioè si subisce un accordo svantaggioso e si ringrazia anche. Un po’ come se la vittima ringraziasse il suo aguzzino di non farle eccessivamente male! Ovviamente non paghi di quanto accaduto finora, a ciò si aggiunge la notizia degli ultimi giorni secondo cui l’amministrazione Trump sta vagliando l’imposizione di ulteriori dazi made in USA anche sui prodotti farmaceutici.
Chiariamo subito che i dazi sono una tassa indiretta sui beni e pertanto il loro prezzo finale sarà maggiore per il consumatore. Qualcuno potrebbe anche pensare “chissene…tanto a pagare di più saranno i cittadini USA e non noi europei”, corretto ma sarà comunque danneggiato il nostro export.
In buona sostanza i dazi fanno diminuire le esportazioni. Il discorso sulle politiche commerciali sarà a sua volta approfondito altrove e un altro giorno.
Quale avrebbe dovuto quindi essere la reazione UE? Ovviamente replicare ai dazi trumpiani con altri dazi della stessa proporzione colpendo beni materiali e i servizi (il nervo scoperto di Trump e dove gli USA godono di una certa forza) e poi lavorare diplomaticamente per raggiungere nuovi mercati. Ad esempio sarebbe stato intelligente rispolverare il mercato cinese ed approfondire quello indiano: tre miliardi di persone in due. Il che non significa affatto discostarsi dall’ombrello NATO, come qualche stolto paventava in passato.
E che dire della non reazione europea all’annuncio di Trump che il sostegno USA alla guerra Ucraina prosegue solo se l’UE è disposta a pagare la fornitura di armi made in USA? Cioè gli USA forniscono armi e l’UE paga!
È chiaro che se non si superano queste divergenze e questa mancanza di coraggio, tentando di distaccarsi dalla politica USA, non ci saranno mai le premesse per andare oltre nel processo di integrazione europea.