Santa Maria Capua Vetere, vent’anni dopo la sentenza Spartacus: il ricordo nell’aula bunker

Si è svolto venerdì 26 settembre, nell’aula bunker del carcere “F. Uccella” di Santa Maria Capua Vetere, il convegno promosso dalla Summer School UCSI dedicato al tema “La sentenza Spartacus – venti anni dopo”. Presenti -ad assistere-  anche i nostri giornalisti di Belvederenews Lucia Grimaldi e Pasquale Vitale.
Una giornata di riflessione che ha riportato nella stessa aula, simbolo di legalità e memoria, magistrati, giornalisti, studiosi e testimoni di una stagione giudiziaria che ha segnato la storia del territorio e dell’intera lotta alla criminalità organizzata. A presiedere i lavori Gabriella Casella, presidente del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, e Ottavio Lucarelli, presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Campania.

I saluti iniziali sono stati affidati a Gabriella Maria Casella, Ottavio Lucarelli e Maria Antonietta Troncone, presidente di Agrorinasce. A seguire, il tema della formazione è stato posto al centro con gli interventi di Giovanni Allucci, amministratore delegato di Agrorinasce, di Vincenzo Varagona, presidente nazionale UCSI, e di Luigi Ferraiuolo, direttore della Scuola di giornalismo investigativo di Casal di Principe e della stessa Summer School UCSI.

L’inchiesta e il contesto criminale

Il momento più denso della giornata è arrivato con l’intervento di Federico Cafiero de Raho, già procuratore nazionale antimafia e tra i protagonisti dell’accusa al processo Spartacus, che ha ricostruito il contesto storico e criminale in cui è sorto il clan dei Casalesi: dall’eredità del clan Bardellino, al radicamento nell’economia locale, fino al controllo sugli appalti e sul territorio. Al suo fianco, Carlo Alemi, già presidente del Tribunale di Napoli, e ancora Ottavio Lucarelli, che ha sottolineato il ruolo dei giornalisti nella sfida ai clan.

La sentenza e la memoria di un processo epocale

Alle 17.00, spazio a chi quella sentenza l’ha scritta: Raffaello Magi, oggi magistrato della Corte di Cassazione, giudice estensore della storica sentenza Spartacus, ha ricordato come il processo fu a lungo sottovalutato, nonostante la sua portata straordinaria. La sentenza di primo grado, emessa il 15 settembre 2005 e pronunciata proprio in quell’aula bunker, fu successivamente confermata in Cassazione nel 2010, consolidando condanne definitive e diventando nota al grande pubblico anche grazie al successo del libro Gomorra di Roberto Saviano. Accanto a Magi, il giornalista Raffaele Sardo (la Repubblica) e Catello Marano, presidente del collegio giudicante del processo Spartacus. In questa sede è stato ricordato anche l’impegno dei giudici popolari, i cui nomi sono stati citati con gratitudine, a sottolineare il peso e la responsabilità di chi, da semplice cittadino, si trovò a scrivere una delle pagine più importanti della giustizia italiana. Subito dopo, ha portato la sua testimonianza anche l’autista del giudice Rocco Chinnici, sopravvissuto all’attentato che nel 1983 costò la vita al magistrato palermitano. La sua presenza, carica di emozione, ha dato voce alla memoria delle vittime di mafia e al coraggio di chi ha continuato a servire lo Stato pur segnato da ferite indelebili.

Il significato di Spartacus

Il processo Spartacus è considerato uno dei più grandi maxiprocessi contro la criminalità organizzata in Europa. Celebrato nell’arco di oltre dieci anni, con centinaia di udienze e decine di ergastoli, ha rappresentato il momento in cui lo Stato ha dimostrato di poter colpire duramente il clan dei Casalesi, la più potente organizzazione camorristica della storia recente. Il nome “Spartacus” non fu scelto a caso: richiamava lo schiavo ribelle che si oppose a Roma, evocando la ribellione contro un potere oppressivo che, in questo caso, era quello criminale esercitato dai clan. Spartacus divenne così simbolo di liberazione e di riscatto civile per un intero territorio segnato da decenni di violenza, intimidazioni e omertà.

Spartacus nelle pagine di Gomorra

Il processo entrò nella coscienza collettiva soprattutto attraverso Gomorra. Nel libro, Roberto Saviano descrive Spartacus come una vera e propria “guerra civile combattuta in tribunale”: centinaia di udienze, decine di imputati e un’aula bunker trasformata in campo di battaglia giudiziaria. È lì che venne mostrata, nero su bianco, la struttura piramidale del clan, i rapporti con la politica e l’economia, le faide interne e la forza intimidatoria capace di condizionare intere comunità. Saviano sottolinea come la portata del processo fosse tale da non avere precedenti: in quelle aule non erano alla sbarra solo uomini, ma un’intera organizzazione che aveva imposto il suo dominio con la violenza e con il denaro. Proprio grazie a Gomorra, la parola “Spartacus” ha superato i confini delle carte processuali, diventando simbolo internazionale della resistenza alla Camorra.

Dal passato al presente

La riflessione sul contesto storico e sulla situazione attuale è stata affidata ad Antonio Ardituro, sostituto procuratore della Direzione nazionale antimafia, e al giornalista Fabrizio Feo, che hanno evidenziato come la lotta ai clan richieda ancora oggi vigilanza e impegno quotidiano.

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