Spiccioli di spiritualità, L’ Avvento nelle varie religioni

A cura di Michele Pugliese

Per il numero domenicale della rubrica “Spiccioli di spiritualità”, diretta dal prof. Pasquale Vitale, il prof. Michele Pugliese ci parla dell’Avvento nelle varie religioni.

Siamo in Avvento, un periodo di preparazione al Natale con il quale comincia anche l’anno liturgico della Chiesa, ovvero l’anno che, attraverso le feste e le ricorrenze, ripercorre tutte le principali fasi della vita di Cristo e della Chiesa primitiva, nonché la celebrazione dei santi.
Il concetto di “avvento” (dal latino adventus, “venuta”, “arrivo”) ricorre in varie religioni, ma con significati diversi. In generale indica l’arrivo di una presenza divina, di un messia, o di un’era spirituale nuova.
Nel cristianesimo l’Avvento è più sviluppato e formalizzato e indica non solo l’attesa della nascita di Gesù, con tutte le sue manifestazioni folkloristiche, consumistiche e sdolcinate, ma ha anche un significato escatologico: l’attesa della seconda venuta di Cristo alla fine dei tempi. È un periodo di preparazione, riflessione, penitenza e speranza, al di là di presepi, alberi di natali e decorazioni varie, che pure hanno la loro importanza dal punto di vista del costume, ma che non concentrano l’attenzione sul profondo significato della nascita di Gesù, che è l’incarnazione, cioè il Dio che si fa “carne” e – ameno per una trentina di anni – venne ad “abitare in mezzo a noi”, come dice il vangelo di Giovanni (cap. 1, v. 14).
Ma vediamo come le altre religioni concepiscono questo tempo di attesa.
Nell’ebraismo non esiste il termine “avvento”, ma è forte la concezione dell’attesa messianica, ovvero la venuta di un Mashiach (Messia umano, non divino), portatore di pace, giustizia, e ricostruzione spirituale del popolo ebraico. È un’attesa collettiva, non legata a un periodo liturgico specifico, ma sempre presente e anche auspicabile in questo periodo di tensione con i popoli vicini.
Anche nell’Islam non esiste la parola avvento, ma c’è il concetto di venuta di figure escatologiche, cioè legate alla fine dei tempi, come la venuta del Mahdi (in arabo al-madhi, il “ben guidato”, una guida, un leader, discendente del profeta Maometto, che instaurerà un periodo di pace e riporterà l’umanità sulla retta via) e il ritorno anche di Gesù (in arabo, ‘Isa), che è considerato dal mondo islamico un grande profeta.
Nell’Induismo il concetto è meno messianico, ma esistono figure attese, come l’avvento di Kalki, l’ultimo avatāra (incarnazione) del dio Vishnu, figura legata alla fine di un ciclo cosmico, che apparirà come un guerriero divino a cavallo con spada fiammeggiante, simbolo della giustizia divina. La sua venuta ristabilirà il dharma (ordine cosmico) e inaugurerà un nuovo ciclo cosmico.
Nel Buddhismo è presente il concetto dell’arrivo di un futuro Buddha chiamato Maitreya che apparirà quando gli insegnamenti del Buddha storico (Gautama) saranno dimenticati. Il suo avvento inaugurerà un’era di rinnovamento spirituale.
Lo Zoroastrismo, antica e nobile religione persiana con una forte visione escatologica, oggi presente in India, in Pakistan e, in parte, in Iran, aspetta l’arrivo del Saoshyant, una figura messianica che nascerà alla fine dei tempi e sconfiggerà il male portando alla rinnovazione del mondo.
In sintesi possiamo dire che nelle religioni il concetto di avvento è sempre presente, ma assume varie forme e significati: salvezza, rinnovamento, pace, giustizia, restaurazione, vittoria del bene sul male. Sembra quasi che nell’uomo ci sia un’aspettativa al bene, ad un mondo migliore, perché il presente è dominato dalle forze del male.
Tornando al cristianesimo, esso interpreta Gesù come Messia già venuto, ma introduce anche una sua seconda venuta come evento futuro.
Nel Medioevo e nelle prime età moderne (XI–XVIII sec.) il concetto di avvento si espande oltre il religioso con la nascita dei Movimenti millenaristici cristiani e le loro aspettative di fine del mondo e ritorno di Cristo (es. Gioacchino da Fiore). Nascono movimenti popolari che credono in un’imminente venuta di un “re giusto” o di un “nuovo Messia”.
L’avvento assume anche funzioni politiche e sociali, non solo spirituali e nell’età contemporanea (XIX–XXI sec.) si assiste a una secolarizzazione del concetto che va oltre la religione. Filosofie della storia (Hegel, Marx) auspicano l’arrivo di una nuova epoca, di una nuova forma di coscienza o di società. Movimenti politici (rivoluzioni): annunciano “l’avvento di una nuova era”. Perfino la cinematografia ci propone con la fantascienza, l’avvento di superintelligenze, alieni, o grandi trasformazioni tecnologiche, concetto comunque non molto lontano da quello che stiamo vivendo oggi con l’intelligenza artificiale. Il concetto di avvento dunque si universalizza: attesa di una trasformazione salvifica, spirituale o storica. Dal mito dell’attesa di un redentore, l’avvento diventa metafora del cambiamento storico, tecnologico, politico.
Concludo questa breve riflessione sull’avvento citando un’antica espressione aramaica (Marana tha, in greco) che significa “Vieni, o Signore!” (Marana tha) o, in una lettura alternativa, “Il nostro Signore è venuto” (Maran ‘atha). È una formula di preghiera e proclamazione di fede usata nelle prime comunità cristiane, citata nella Prima Lettera ai Corinzi (1 Cor 16,22) e nell’Apocalisse, che esprime sia l’attesa gioiosa del ritorno di Gesù (Parusia) sia la sua presenza nella celebrazione eucaristica. Un grido di fede che abbraccia sia il passato (Gesù è venuto) che il futuro (verrà di nuovo), invitando il Signore a manifestarsi pienamente, sia nel tempo presente attraverso le celebrazioni liturgiche, sia nel tempo futuro quando, tutto, secondo la fede cristiana, sarà ricapitolato in Lui.