Per il numero consueto della rubrica domenicale “Spiccioli di spiritualità” diretta dal prof. P. Vitale, il prof. Michele Pugliese ci parla di KATHMANDU, la capitale del Nepal
Kathmandu (in italiano si legge con l’accento sulla u) è la capitale del Nepal, il maggiore Stato himalayano dell’Asia, che confina a nord con la Cina e a sud con l’India. La città ha una popolazione di un milione e mezzo di abitanti ed è la più grande metropoli della regione collinare dell’Himalaya meridionale.
La città fu capitale reale del Regno del Nepal, di cui mantiene testimonianza con palazzi, residenze e magnifici giardini. In settimana – come dicono i bravi giornalisti – è balzata agli onori della cronaca, purtroppo per fatti deprecabili. Detto in poche parole, il parlamento ha varato una legge molto restrittiva nei confronti dei social come YouTube, Facebook e altri. Soprattutto i giovani, quelli che con linguaggio moderno si chiamano ‘Generazione Z’, non l’anno presa molto bene e hanno cominciato a manifestare, pacificamente in un primo momento, contro il blocco e poi, visto che c’erano, anche contro la corruzione del governo e le ingiustizie sociali del paese, ma poi la manifestazione è degenerata in modo violento e sono seguiti incendi al palazzo del Parlamento e alle residenze dei ministri verso i quali probabilmente l’odio covava da mesi, per la discrepanza tra i salari medi della gran parte della popolazione e i miliardi sprecati in corruzione e vita di lusso dei politici, che tra l’atro ostentavano proprio sui social questo elevato tenore di vita.
Dispiace, perché nell’immaginario collettivo Kathmandu, a partire dagli anni sessanta meta molto popolare per turisti occidentali, è sempre stata un centro di cultura e spiritualità buddhista e induista. Un devastate terremoto la colpì il 25 aprile 2015, ma la ricostruzione ne ha fatto una città moderna e dinamica, ricca di templi. Fra questi il più noto è lo stupa di Boudhanath (o Bodhnath secondo alcuni) nella periferia orientale, a cui fa capo una consistente comunità tibetana sfuggita alle persecuzioni cinesi. Uno stupa è un monumento buddista, originario dell’India, caratterizzato da una forma a cupola che racchiude reliquie sacre o commemora eventi importanti della vita del Buddha. Quello che abbiamo citato domina il panorama della città per la sua altezza di 36 metri ed è uno dei più grandi al mondo. Dal 1979 è stato riconosciuto dall’UNESCO come patrimonio dell’umanità. Assieme allo stupa Swayambhunath (o Tempio delle scimmie, di cui magari parleremo un’altra volta), è uno dei più visitati siti turistici dell’area di Kathmandu. Poi ce ne sono altri e dunque non è un caso che in questi luoghi vi sia la maggiore concentrazione di edifici a carattere religioso del pianeta.
Ci sono molte storie e leggende riguardanti l’origine e la storia dello Stupa di Boudhanath. Secondo una di queste una vedova, di nome Jhyazima, aspirava a fare una grande offerta al Buddha, usando i suoi risparmi accumulati negli anni. Si avvicinò al re locale per ottenere il permesso e questo le fu concesso, ma a una condizione: che usasse un’area del terreno che misurasse le dimensioni di una singola pelle di bue. Jhyazima allora tagliò la pelle a strisce sottili e reclamò il terreno racchiuso tra le strisce con le quali aveva segnato una vastissima area. La mera ambizione di questa donna di costruire un così magnifico monumento offerto al Buddha causò molta gelosia tra i ricchi e i potenti dell’epoca, e questi si rivolsero al re chiedendo di fermare la costruzione, ma il re che aveva dato il permesso non si rimangiò la parola data e rispose: “Poiché il permesso di costruire è stato dato, non sarà revocato”.
Poi Jhyazima morì e il lavoro rimanente della costruzione dello stupa fu ultimato dai suoi quattro figli.
Il termine ‘stupa’ deriva dal sanscrito che letteralmente significa “fondamento dell’offerta”. È il simbolo della mente illuminata e del percorso per il suo raggiungimento. È un ‘monumento spirituale’ che rappresenta il corpo di Buddha, la sua parola e mostra al mondo il sentiero dell’illuminazione.
Dall’alto lo stupa di Boudhanath sembra un gigantesco mandala, ovvero un cerchio, che rappresenta il cosmo buddhista. La cosa più caratteristica dell’edificio è che esso è sormontato da una torre quadrata con gli onnipresenti ‘Occhi del Buddha’ sui quattro lati, noti anche come ‘Occhi di Saggezza’, che guardano nelle quattro direzioni per simboleggiare l’onniscienza del Buddha. Al posto del naso c’è un simbolo, una sorta di riccio che sembra un punto interrogativo. Questo è il carattere nepalese per il numero 1, che simboleggia l’unità e l’unico modo per raggiungere l’illuminazione, attraverso gli insegnamenti del Buddha.
Quindi, secondo il buddismo, possiamo dire che se siamo saggi possiamo vedere oltre alle cose materiali. Il mondo quotidiano è in uno stato di confusione, di guerre, di indifferenza, perché le persone non usano l’occhio della Saggezza per vedere le cose e sono ingannate dall’avidità, dall’odio e dall’ignoranza: diventano angosciate, depresse, ansiose e soffrono. Queste cose possono essere chiamate l’oscurità della vita. Solo la sapienza li porterà fuori dal mondo dalle tenebre.