Assumevano il controllo totale dei telefoni delle vittime attraverso il trojan SpyNote, uno spyware per sistemi Android diffuso tramite WhatsApp. Il software si presentava come un’applicazione legittima, inducendo gli utenti a installarlo. Una volta attivo, permetteva agli indagati di leggere messaggi, accedere alle credenziali bancarie e gestire in remoto funzioni sensibili del dispositivo.
I danni economici
L’inchiesta, partita nel dicembre 2023, ha portato alla luce una frode dal valore complessivo di circa 113mila euro. Le somme sarebbero state sottratte attraverso operazioni bancarie non autorizzate, con trasferimenti di denaro difficili da rintracciare. Gli investigatori hanno ricostruito i movimenti finanziari collegati agli account compromessi, risalendo progressivamente agli autori delle operazioni.
L’azione della magistratura
Sono dunque 21 le persone indagate nell’ambito dell’indagine coordinata dalla Procura di Napoli. Per gli inquirenti, l’organizzazione avrebbe agito in modo strutturato e con ruoli ben definiti: c’era chi diffondeva il malware, chi gestiva i conti di appoggio e chi si occupava del riciclaggio. Gli accertamenti proseguono per verificare eventuali collegamenti con altre truffe informatiche su scala nazionale.
La sicurezza degli utenti
Il caso mette in evidenza i rischi legati al cybercrimine e la necessità di maggiore attenzione nella gestione dei dispositivi mobili. Gli esperti ricordano alcune regole di prevenzione: non scaricare applicazioni da fonti non ufficiali, diffidare di link sospetti ricevuti in chat e attivare sistemi di autenticazione a due fattori. La vicenda conferma come il telefono, oggi strumento indispensabile, possa diventare un varco vulnerabile se non adeguatamente protetto.