Gli Italiani che scelgono di affidarsi ai farmaci generici anziché alle specialità farmaceutiche sono sempre piu’ numerosi.
I farmaci generici sono medicinali equivalenti che copiano il farmaco con il marchio dopo che si è esaurita la copertura brevettuale. Risulta quindi identico in ogni aspetto al medicinale a cui si ispira, ma presenta un costo inferiore almeno del 20%.
Mentre nei principali paesi europei questi farmaci si sono diffusi a dismisura, lo stesso non si può dire per l’Italia dove la diffusione procede a rilento. Nonostante ciò l’andamento è in progressiva accelerazione e negli ultimi tre anni ha consentito in modo sostanziale a favorire il contenimento della spesa farmaceutica, con un risparmio medio pari a 300 milioni di euro.
La domanda dunque sorge spontanea: quanto spendiamo per i farmaci equivalenti? Per valutare il giro d’affari in Italia è necessario monitorare il numero di confezioni che sono state vendute e il loro valore rispetto al consumo complessivo dei medicinali. Secondo gli ultimi dati sappiamo che le unità vendute corrispondono al 24%, ciò significa che su 100 scatole commercializzate, prescritte o vendute, circa 24 contengono dei farmaci generici.
All’interno dei confini italiani, così come in Europa, ci sono moltissime differenze a seconda delle zone. La spesa media per i generici è del 28,8%: alcune regioni, come la Lombardia, si attestano al 39,9%, seguite dall’Emilia Romagna (35,7%) e le province di Trento e Bolzano (44,6 e 37,2%). Altre presentano cifre molto al di sotto, come la Basilicata (19,3%), la Campania (19,4%) e la Calabria (19,3%).
Rispetto al 2013 i maggiori incrementi sono stati registrati in Molise e a Trento.
Ma quali sono i medicinali equivalenti più diffusi? Secondo i dati gli italiani acquistano soprattutto gli inibitori della pompa protonica (gli antiulcera) come il pantoprazolo, il lansoprazolo e l’omeprazolo. Troviamo poi l’anticolesterolemico atorvastatina, mentre per quanto riguarda i farmaci generici non rimborsabili, sembra che il più diffuso sia il lorazepam, un potentissimo ansiolitico.
Complessivamente, il mercato dei generici equivalenti vale circa 1,8 miliardi in prezzi ex factory, assorbendo il 17 per cento del mercato farmaceutico nazionale complessivo, pari a circa 10,5 miliardi di euro (sempre in prezzi ex factory). Il contributo maggiore è dato dai farmaci di classe A (con un fatturato totale di 1,4 miliardi) che rappresentato l’78,6 per cento del totale della spesa per farmaci generici (l’89,5% a confezioni).
I farmaci equivalenti di classe C, rappresentando il 2 per cento delle confezioni vendute nella relativa classe, ottengono performance molto diverse, con appena 253 milioni euro di fatturato (14,2% del proprio giro d’affari). Nel ramo dell’automedicazione, per esempio, si arriva solamente a 22 milioni di euro di fatturato (1,2% del fatturato equivalente complessivo e 0,2% del giro d’affari della relativa classe).
Il destino dei generici può essere molto diverso a seconda del luogo di’Italia in cui vengono distribuiti. Al Sud rischiano di rimanere negli scaffali delle farmacie, mentre al Nord hanno maggiori probabilità di essere acquistati.
Lo scenario descritto dal rapporto di Assogenerici per gli equivalenti di classe A è eloquente: al Nord si hanno i consumi maggiori (36,2% a unità, 26,8% a valori) e man mano che si scende lungo lo Stivale la fiducia nei generici diminuisce, passando dalla accoglienza tiepida del Centro (26,4%; 19,8%) a quella più fredda del Sud (21,1%; 15,7%). A separare Nord e Sud ci sono 15 punti percentuali a unità e 11 punti percentuali a valori. A un estremo c’è la provincia autonoma di Trento con il 42,2 per cento sul totale delle unità dispensate dal Ssn nel periodo gennaio–marzo, all’altro ci sono la Calabria (19,1% contro 18,2% del 2017), la Basilicata (19,5% contro 18,3%), Campania e Sicilia (20,7% contro 19,8% per entrambe). cd888
Il mercato dei generici – Ospedali
«Ancora troppo fumo e pochissimo arrosto nel mercato ospedaliero degli equivalenti». Così Assogenerici descrive la diffusione dei generici nelle strutture ospedaliere. «A dominare il mercato ospedaliero – si legge nel Rapporto – sono ancora i prodotti in esclusiva (protetti da brevetto o privi di generico corrispondente), che assorbono il 39,5 a unità e il 92,9 per cento a valori (prezzo medio), tallonati almeno a unità dai brand a brevetto scaduto che tuttavia con una quota pari al 34,8 per cento del canale assorbono appena il 5,1 per cento a valori».
Gli unici trend di crescita, ma si tratta di un leggero rialzo, riguardano gli equivalenti di classe A e H (25,7% a volumi contro il 23,8% dello scorso anno ).
Il mercato ospedaliero resta ancora poco permeabile ai generici. «Le gare al ribasso – dice Fabrizio Gianfrante, docente di Economia sanitaria all’Università di Ferrara – restano il principale fattore condizionante, riducendo il differenziale tra branded off–patent e generico, con il primo spesso a beneficiare di strategie negoziali a livello locale che includono il coinvolgimento di altri prodotti del portafoglio della stessa industria».
I VANTAGGI ECONOMICI