Per il consueto numero domenicale della rubrica “Spiccioli di spiritualità”, diretta dal prof. Pasquale Vitale, il prof. Michele Pugliese ci parla del ruolo della donna nelle religioni.
Quale è stato il ruolo della donna nelle religioni? Ha avuto sempre un ruolo subalterno agli uomini? La recente ‘Giornata internazionale delle donne’ – non è esatto parlare di ‘Festa delle donne’, perché le donne non hanno bisogno di una festa a loro dedicata, piuttosto di una giornata di riflessione sul loro ruolo nel mondo e nella società, quale è appunto questa ricorrenza – mi induce a una riflessione sul ruolo della donna nelle grandi religioni. Il tema è complesso ed ha luci ed ombre, oscillando tra una condizione di manifesta subalternità nei confronti dell’uomo a figure di spicco dalla grande portata storica e spirituale.
Cominciamo dalla Bibbia. Nell’Antico Testamento il ruolo della donna era soprattutto quello di sposa e di madre. Anche se non aveva alcun ruolo sacro nel culto del tempio e della sinagoga, tuttavia emergono nella storia figure gigantesche di donne, sia per la fede nel Dio di Israele, sia per le gesta compiute, come Rut, Debora, Giuditta, Ester…
Nel Nuovo Testamento si nota un cambiamento nell’atteggiamento nei confronti della donna. Gesù si intrattiene con le donne – cosa scandalosa per la mentalità ebraica del tempo – impartisce loro insegnamenti non curandosi delle prescrizioni rabbiniche che lo vietavano e riconosce loro pari dignità con uomo. Non a caso le donne sono tra i discepoli di Gesù ed è una donna, Maria di Magdala, la prima testimone della resurrezione.
Nell’Ebraismo la donna riveste un ruolo primario perché è considerata la colonna portante della famiglia e deve comportarsi da madre esemplare, tramandando ai figli le tradizioni e i riti ebraici. Le donne più rigorose rispettano alla lettera gli obblighi religiosi: nulla preclude alla donna la possibilità di svolgere fuori casa una qualsiasi attività lavorativa, purché si concili con i ‘compiti’ da adempiere tra le mura domestiche.
Il ruolo e la condizione femminile cambiano completamente quando ci si sposta in Oriente. Una delle religioni più controverse in tal senso è l’Islam. Sebbene per la legge islamica la donna abbia gli stessi doveri dell’uomo e non c’è per essa alcuna discriminazione nella vita eterna che l’attende dopo la morte, non si rispecchia un’uguaglianza nella vita di tutti i giorni. Negli stati più tradizionalisti come l’Afghanistan o l’Iran, essa è sottoposta all’autorità del padre e dopo, quando si sposa, passa sotto l’autorità del marito. Le donne non godono della libertà di spostamento, della libertà di espressione e di parola; non possono procedere negli studi, né tanto meno fare carriera o ricoprire cariche o posizioni di responsabilità in campo civile o religioso. Sono totalmente sottomesse all’uomo, da cui possono venire ripudiate (e non viceversa). Inoltre sono obbligate a coprire il proprio corpo e spesso anche il viso.
Non va molto meglio alle donne di fede induista, che nel corso dei secoli hanno subito più di tutte una graduale degenerazione dei loro diritti. Il matrimonio è deciso dai genitori e comporta l’obbligo della dote portata dalla sposa. I casi di maltrattamenti e violenza sono all’ordine del giorno e anche le donne più emancipate faticano a ritagliarsi un ruolo nella società indù.
Nelle religioni tradizionalmente cinesi, Confucianesimo e Taoismo, la sottomissione della donna rispetto all’uomo è marcata. Ancora oggi è considerata una ‘devota’ della casa e della famiglia e sono numerosi i casi di maltrattamenti che si registrano quotidianamente. Al contempo le donne cinesi, nonostante le ‘limitazioni’ imposte dalle due fedi religiose, sono diventate più attive, si interessano di problemi sociali e politici, hanno formato numerose associazioni a tutela dei loro diritti, compiendo passi importante sulla strada di una futura e completa parità dei sessi.
La religione buddista non interviene negli aspetti della quotidianità e neppure nelle vicende fondamentali della vita, come il matrimonio e la nascita dei figli, i cui riti si basano sempre su usanze locali. Le regole di condotta previste dal Buddismo per la vita matrimoniale sono essenziali, basate sostanzialmente sul buon senso, e quindi praticabili da chiunque. Alle donne non vengono prescritte particolari regole, né i loro diritti risultano lesi.
In conclusione si può affermare che le grandi religioni, se è indubbio che abbiano almeno in parte, contribuito al miglioramento della condizione femminile, ne hanno al tempo stesso condizionato la vita, giustificando con differenti modalità e motivazioni il loro ruolo subalterno. Di recente tuttavia si nota un protagonismo delle donne che non potrà far altro che portare beneficio alla loro emancipazione anche in campo religioso e spirituale.