In Italia dobbiamo ritenerci fortunati perché abbiamo la sanità che è pubblica. Questo dicono in tanti ed hanno ragione. Lo dicono facendo paragoni con altre realtà, come quella americana, dove se non paghi puoi anche morire. Lo dicono postando sui social in maniera virale i prezzi dei farmaci per la cura di malattie come quelle oncologiche, che hanno cifre a sei zeri, e se la sanità non fosse pubblica molti non se li potrebbero permettere.
Come ogni realtà c’ è sempre il rovescio della medaglia. E in Campania l’altra faccia della medaglia è piena di “contro” a fronte dei vantaggi di avere una sanità pubblica.
E le tante contraddizioni, carenze, mancanze ce le ha volute raccontare, attraverso la sua storia personale, il prof. Enzo D’Onofrio, che da alcuni mesi è dovuto ricorrere a cure mediche e ricoveri ospedalieri per curarsi.
“La sanità italiana, pur essendo pubblica in tutto lo stivale, viaggia a velocità diverse a seconda delle regioni. Qui in Campania, gli slogan e i proclami del nostro governatore servono solo a gettare fumo negli occhi per coprire quale sia la realtà delle cose. Chi ha la necessità di dover ricorrere a cure sanitarie ricoveri ospedalieri non solo deve combattere contro la malattia, ma anche contro disagi, disservizi, carenze ed inefficienze di vario tipo che annullano la dignità di essere umano e di paziente. Con questo non voglio puntare il dito contro il personale sanitario, vittima quanto i pazienti di questa situazione, bensì contro una mala gestione della sanità.
Per i miei problemi di salute ho dovuto subire un intervento nel noto ospedale Cardarelli, noto alle cronache tanto per reparti di eccellenza e medici competenti, questo è vero; altrettanto noto lo è per il pronto soccorso sempre in collasso ed i reparti stracolmi. La realtà supera la fantasia e supera ogni racconto. Io che sono stato operato circa un mese fa nel reparto di chirurgia d’urgenza, sono stato su una barella troppa corta per contenermi (eppure sono un uomo di altezza media, non certo un watusso) per ben 5 giorni, prima che decidessi di andare via per mia scelta, nonostante avrei dovuto continuare le cure. Subire un intervento e stare giorno e notte su una barella in un corridoio di un reparto è un’esperienza che non auguro a nessuno. Su quella barella mi venivano serviti i pasti e su quella barella ero solo. Il personale, insufficiente rispetto ai pazienti, non riusciva ad assisterci. I miei familiari venivamo a farmi visita nel corridoio. Un corridoio in cui ho visto di tutto, persone soffrire, stare male, chiedere aiuto e non sempre ascoltate, scene raccapriccianti che rimarranno impresse nella mia mente. Un corridoio dal quale sono scappato nonostante stessi male. E poiché avevo bisogno di cure mediche, poco tempo dopo, sono stato accompagnato al pronto soccorso dell’ospedale di Caserta. Cambia la provincia, ma la situazione è molto simile. Anche qui, nonostante la mia condizione di malato oncologico ed immunodepresso, ho dovuto attendere per ore su una barella per essere visitato e poi rimandato a casa.
Qualche giorno fa la notizia che il personale medico e sanitario dell’ospedale Cardarelli ha deciso di lavorare con il lutto al braccio per denunciare le condizioni precarie e disumane sia per i malati che per il personale. Protestano anche loro, come con questa mia denuncia sto facendo io. Siamo tutti vittime di un sistema che fa acqua da tutte le parti, che pubblicizza macchinari di ultime generazioni per diagnosi tempestive ma poi non ha i letti per accogliere i pazienti né personale per assisterli e curarli. Non si può costruire un grattacielo ultramoderno senza le fondamenta.
Oggi sono ricoverato a san Felice a Cancello, una piccola realtà molto efficiente in cui sono assistito da personale gentile e professionale che si sta prendendo cura di me. E colgo l’occasione per ringraziarli per quanto stanno facendo per me e per gli altri pazienti. In tutto questo marasma esistono per fortuna anche realtà in cui non viene negata la dignità e la necessaria assistenza a chi ne ha bisogno. Senza proclami, slogan ed inaugurazioni in pompa magna qui l’ammalato è al centro del sistema sanitario. Così come dovrebbe essere. Sempre. Ovunque. “
