Sei in ritardo a spendere,ti tolgo i soldi: con questa trovata il governo rinuncia alla sfida possibile della crescita del Mezzogiorno e quindi del Paese

Se provassimo a fare una ricerca nel web con le parole chiave “divario Nord Sud” visualizzeremmo un elenco infinito di articoli, studi e notizie sugli ambiti più diversi, dal Pil alla sanità, dall’occupazione alle infrastrutture, dai giovani alla qualità della vita e all’istruzione. Il problema cronico delle disuguaglianze territoriali nel nostro Paese ha fatto scrivere fiumi di commenti,analisi e osservazioni ma la soluzione non la vediamo ancora far parte di una volontà politica risoluta, necessaria per fare fronte a quanto le condizioni oggettive indicano in tema di disparità territoriali. In questa riflessione proponiamo in particolare un focus sugli investimenti che riguardano le infrastrutture,quelli a cui le principali organizzazioni internazionali concordano nell’attribuire un ruolo di primo piano per la ripresa dell’economia. A luglio le Anticipazioni del Rapporto 2023 dell ‘Associazione per lo sviluppo dell’ industria del Mezzogiorno ci hanno descritto un Sud che nel biennio 2021-2022 ha agganciato la ripresa nazionale grazie alle politiche di sostegno e al contributo di costruzioni e servizi, ma molto scarso resta il contributo dell’industria alla crescita del valore aggiunto. Nel triennio di previsione 2023-2025 gli investimenti dovrebbero essere la componente di domanda interna piú sostanziosa, soprattutto per la spinta della domanda pubblica legata agli interventi infrastrutturali del Pnrr ( mentre nel Centro-Nord e’prevista una crescita piú sostenuta degli investimenti orientati all’ampliamento della capacità produttiva). In forte discontinuità rispetto alle fasi precedenti di ripresa ciclica e’ interessante evidenziare la ripartenza simultanea di Sud e Nord, che richiederebbe, per diventare fenomeno strutturale, una politica industriale attiva e un incremento decisivo delle infrastrutture di base,economiche e sociali. Alle infrastrutture economiche appartengono quelle di trasporto, di telecomunicazione,le reti di distribuzione dell’energia elettrica, del gas, dell’acqua. Un’indagine della Banca d’Italia dal titolo “I divari infrastrutturali in Italia:una misurazione caso per caso” metteva in rilievo “la presenza nel nostro paese di differenze molto pronunciate nella dotazione delle principali infrastrutture economiche e sociali tra i diversi territori . Con riferimento alle infrastrutture di trasporto emerge che le aree con i collegamenti stradali e ferroviari più veloci nonché quelle con le maggiori possibilità di accesso ai principali scali aeroportuali e portuali, in termini di traffico merci, sono prevalentemente collocate nelle regioni centro settentrionali (in particolare in Piemonte, Liguria, Lombardia, Veneto, Friuli-VeneziaGiulia, Emilia-Romagna e Toscana); le regioni del Sud e delle Isole si trovano in una condizione di relativo svantaggio”. Dopo queste premesse che indicano come sia attuabile con opportune scelte politiche ridurre le disuguaglianze delle due Italie, segnaliamo con preoccupazione il taglio operato dal governo a fine luglio per 2,5 miliardi di euro alle infrastrutture al Centro Sud, soprattutto sul fronte ferroviario. Tra i progetti definanziati gli interventi alla linea ferroviaria Roma-Pescara, il raddoppio della Falconara – Orte,la velocizzazione della linea Lamezia Terme Catanzaro e della Sibari-Porto Salvo in Calabria.Opere attese da anni, necessarie per funzionalizzare in chiave moderna infrastrutture su ferro. Il dirottamento dei fondi Pnrr verso specificamente le regioni del Piemonte, Liguria,Lombardia e Veneto e’ stato motivato con lo scarso avanzamento della cantierizzazione dei progetti in atto nel Mezzogiorno che,va ricordato, ha sofferto un depauperamento marcato di personale nelle pubbliche amministrazioni che ha complicato l’accesso ai fondi del Next generation Eu.Il Ministro delle Infrastrutture e Trasporti Matteo Salvini difende le scelte del Ministero dichiarando che i progetti definanziati verranno sostenuti con altre risorse,ma di quali risorse si tratti nessuno sa sufficientemente. Un mese fa la stessa Conferenza delle Regioni ha espresso critiche sul metodo della scelta unilaterale e chiesto chiarimenti sulle fonti di finanziamento sostitutive, per le opere eliminate dal piano di Ripresa e Resilienza, nonché sui tempi di individuazione delle coperture.Qualcuno parla di “prove tecniche di autonomia differenziata”. E’ fuor di dubbio che non promette bene la risposta inevasa del presidente del Consiglio, del Ministro per gli affari regionali e le autonomie e del Ministro delle Infrastrutture e Trasporti all’interrogazione, rivolta a loro,di numerosi deputati del gruppo PD che chiedevano a giugno “quale è lo stato dell’iter di adozione del decreto di riparto delle risorse del Fondo per la perequazione infrastrutturale da 4.600 milioni di euro”,utile “a colmare il gap infrastrutturale che determina un’ingiustificabile disparità fra le regioni del Mezzogiorno e del Nord del Paese e all’interno delle regioni stesse su trasporti, sanità, istruzione e settore idrico”.Il pannicello caldo degli incentivi corrispondenti alla istituzione di una Zona economica speciale unica in tutto il territorio del Sud (Zes) per favorire investimenti di privati non potrà rivelarsi risolutiva per la crescita del Sud senza un’efficiente spesa di fondi Pnrr in infrastrutture, come ha avvertito recentemente in un’intervista Luca Bianchi, direttore di Svimez.